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John Cage non sceglie né il suono né il silenzio, bensì il non-suono in una versione taoista e zen; e sorride, come tutti i grandi maestri zen. Si addentra nella dimensione dove il non-suono è lasciato essere, senza che il compositore pretenda di incanalarlo in una direzione prestabilita. Così affine a Brian Eno, Erik Satie e persino a Schönberg, con cui disimparò lo studio dell'armonia, Cage richiede un ascolto attento, attraverso il terzo orecchio che scopra il nudo della musica. Arena ci invita, in questo studio sul "brano silenzioso" di Cage, a recepirlo con mente vuota, ad accogliere questo rappresentante del nonsense. Potremo persino captare una dimensione infinita, e partecipare al "Satori" dello stesso Cage: ce ne vuole per imparare a suonare 4'33", o ad ascoltarlo, come scoprirà il lettore stesso al termine dell'opera.